Ne avrei volentieri fatto a meno

ottobre 2, 2007


Sta per terminare la puntata di Ballarò. Eccellente la conduzione di Floris che ci delizia da cinque anni con il suo giornalismo di qualità; irresistibile la pungente ironia di Crozza a inizio puntata;grande il solito Domenico Iannaccone nei suoi servizi. Medio-basso, invece, il livello degli ospiti. Giordano, Bersani ed Epifani da una parte; Alemanno e la Prestigiacomo dall’altra. Concentriamoci sugli ospiti di destra : passi il fascista Alemanno, uno che alle piazze (e ai suoi scontri) è abituato, e dice cose che io non condivido, però parla di politica e dice cose sensate. Rimango trasecolato ogni volta che sento parlare la Prestigiacomo : un collage di concetti triti e ritriti di frasi fatte, stereotipi messi insieme e centrifugati in un cervello poco adatto alla politica, parole sputate dopo che qualcuno le ha premuto il tasto “random” ed aver azionato la funzione “play” delle sue corde vocali. Mi domando chi l’abbia votata e, visto che la dietrologia è il vero sport nazionale, chi ci sia dietro di lei. Di sicuro, non dice nulla di interessante e mi fa rabbia sentire una nobilotta benestante come lei parlare di aiuti ai ceti più deboli. C’è un limite alla sopportazione umana, fissato dalla decenza. E poi, non la trovo nemmeno bella, come molti dicono. Fisico scarno e per nulla sensuale, sorriso e sguardo inespressivi (un comico degli anni ’60 definiva certe espressioni del viso come “la fissità tipica dell’ottuso”) fanno di lei una donna attraente almeno quanto il ministro Bindi, che però è più intelligente e simpatica.
Tuttavia, a pensarci bene, una volta l’ho trovata bella, nonostante il forte accento siculo e le odiose vocali aperte. Ma non era lei. Era la Cortellesi che le faceva la parodia. E la splendida attrice romana di fascino ne ha da vendere. In quella occasione ne diede un pò in comodato d’uso alla parlamentare forzitaliota.

Un messaggio a quelli che si dicono pronti a non votare più a sinistra e che magari alle prossime elezioni sono disposti a votare per la destra o a non votare. Occhio, state attenti. Va benissimo la critica e sicuramente bisognerebbe chiedere e avere di più da questo governo. Ma restituire il Paese ad Alemanno, alla Prestigiacomo e ai leghisti Borghezio e Calderoli non è un buon affare. Meditate, gente, meditate.


La voce del padrone

ottobre 2, 2007


Mentre il mondo del lavoro si consulterà democraticamente al suo interno, con un referendum sull’accordo tra le parti sociali del 23 luglio, il leader di Confindustria Montezemolo, grande protagonista del gossip estivo e delle notti capresi, ha già fatto sapere che è da escludere qualsiasi ipotesi di revisione di quell’accordo. Punto e basta. E così, se nelle fabbriche si tengono le assemblee con i dovuti contenuti dialettici, e nella quali a una tesi si contrappone una antitesi al fine di pervernire a una sintesi (questa è l’essenza della democrazia), succede che la sparuta contestazione di un gruppo, magari a un delegato della Fiom favorevole all’accordo del 23 luglio (a Mirafiori è successo questo e poi la stampa nazionale ha titolato “Leader sindacali nazionali fischiati alla Fiat di Mirafiori”) diviene un caso nazionale, con le sorti del governo legate a doppio filo all’esito di questo referendum. Credo che come sempre si troverà il modo di migliorare quest’accordo e di tenere saldamente in piedi un Governo che con le parti sociali ci ha dialogato davvero, giungendo ad un accordo perfettibile ma pur sempre buono, considerati tutti i vincoli imposti dalla Bce e dal Patto di Stabilità. Ai “signori NO” a prescindere, compreso Cremaschi, leader della Fiom che dice che Cgil-Cisl-Uil sono la stampella del governo Prodi e nulla più, vorrei chiedere se sente nostalgia del governo Berlusconi e quante volte, dal 2001 al 2006 è stato ricevuto a palazzo Chigi a trattare su temi del mondo del lavoro. Compito di ogni buon sindacalista è di trattare e di non avere “governi amici”. Questo è vero. Ma se non esistono governi amici, di sicuro esistono governi nemici, quelli di centroDESTRA. Cremaschi dovrebbe fare un piccolo sforzo mnemonico e magari sentire i sindacalisti che devono trattare col sindaco di Reggio Scopelliti, che ha sempre rifiutato ogni dialogo coi rappresentanti dei lavoratori (così è stato detto nel corso di un’assemblea organizzativa sindacale) e con tutti gli altri Scopelliti sparsi per l’Italia. Avrebbe forse il polso della situazione. E quindi, è giusto discutere l’accordo del 23 luglio e magari migliorarlo. Senza curarsi più di tanto della miopia di Cremaschi e dell’arroganza padronale di Montezemolo.

P.S.: La sede nazionale di Confindustria la conosco bene. Nel biennio 2003-2004 l’ho frequentata spesso come componente una commissione nazionale di un sindacato e sono stato firmatario di due Contratti Collettivi di Lavoro. E’stata un’esperienza assai gratificante, che mi ha fatto capire quanto sia difficile ottenere diritti e aumenti della retribuzione e quanto complicati debbano essere i calcoli per supportare le proprie tesi e le proprie richieste. Questo insegna due cose : 1) la corda si può tirare fino a un certo punto, poi tende a spezzarsi; 2) Bisogna difendere con le unghie e con i denti quello che si è conquistato e non abbassare mai la guardia.

Un pò mi manca quel periodo. Mi rimasero impresse due cose, in particolare. Una, “i padroni” hanno un loro bar all’interno della struttura, al quale accedono con un badge a loro riservato. Noi, invece, nelle pause delle lunghe ed estenuanti trattative, dovevamo uscire e andare nei bar sulla strada. L’altra è che a fronte di una certa cortesia che comunque contraddistingueva le relazioni industriali da parte datoriale, ricordo che quelli che ci guardavano e ci trattavano con maggiore disprezzo erano i commessi. Contenti loro…

Una volta, un delegato veneto, tale Gilberto Baratto si fece cogliere dall’insofferenza e a voce alta disse : “No ghe ze un caffè, no ghe ze un casso!”. Per noi, ovviamente… Gli industriali andavano a prenderselo al bar entrando col loro badge. O glielo portavano i commessi.