La festa dell’estate

Ebbene sì, lo ammetto. Anch’io, quest’anno, ho partecipato alla mega festa dell’estate. Io che non ero mai andato a un “different”, a un “welcome” e avevo sempre preferito, quando ci sono state le condizioni per farlo, le serate tra amici in spiaggia o le passeggiate romantiche tra i vicoli di qualche borgo antico, mi sono ritrovato nel “carnaio” di migliaia di persone, più o meno fighette, più o meno divertite. Alla fine è stata un’esperienza, che non è detto che non ripeterò, anche se le mie preferenze – a onore del vero – sono altre. Vale la pena, dunque, rivivere quelle tre ore (io e il mio amico non ci siamo trattenuti oltre) attraverso questa cronaca semiseria.

IL PRIMA

Il bello è che, almeno in questa occasione, e almeno per noi, non abbiamo dovuto attendere l’orario “canonico” delle due di notte per fare la fila all’ingresso. Anzi, i più scafati ci hanno detto di arrivare prima possibile, altrimenti non si trova posto per la macchina. Consiglio accettato e, dopo una buona mezzora persa nel traffico della Notte Bianca di Roccella arriviamo a destinazione. La prima cosa che noti è l’organizzazione impeccabile: i parcheggiatori ti conducono nei posti liberi, la fila dei bagni chimici e l’ambulanza per eventuali malori e/o coma etilici. L’abilità degli organizzatori sta proprio in questo: coniugare l’apertura al pubblico e i suoi aspetti tipicamente pratici e commerciali, al carattere esclusivo delle feste private, quelle dei “Vip”. E allora, a mezzanotte e mezza è tutto molto bello, per dirla con Bruno Pizzul.

I PRIMI NOVANTA MINUTI

Entri e nel prato dell’incantevole villa l’affollamento è accettabile. Saluti i tanti conoscenti con un’aria vagamente ammiccante. Più che salutarsi, infatti, è un darsi di gomito, come a dire “Hai visto che anch’io me la godo e sono qui?”. Ci sono i soliti, al solito tavolo e col solito gruppo. E anche qualche insospettabile. Chiacchiere, sorso all’immancabile coktail (per me una birra pagata cinque euro e dalla temperatura superiore a quella del banco frigo di un comune supermercato laddove costa 70 centesimi), saluti e l’atmosfera che diventa magica, con un duo di tutto rispetto e un repertorio in stile Radio Capital: i classici degli anni ’70, ’80, ’90. Sento che se va avanti così posso davvero passare tutta la serata a ballare. Lo dico anche all’organizzatore che, premuroso con tutti, saluta tutti i partecipanti come uno sposo che passa per i tavoli durante il banchetto nuziale. Nel momento in cui intravedo gli altri amici coi quali avevamo concordato di andare la festa è il massimo. Hanno anche il tavolo. Ci danno asilo. Alè.

IL RESTO DELLA NOTTATA

Una bottiglia di spumante per sedici persone. Sì, riempi al massimo il flute di plastica che tieni in mano come un oracolo, ma quando te la portano al tavolo con tanto di secchiello ti vuoi sentire un po’ come un piccolo Briatore, o no? La musica dal vivo è finita alle due in punto. Attacca la dance e la sigla non può essere altro che “We wrap all night to get fun, we wrap all night to get some, we wrap all night to get lucky”. Va bè, è orecchiabile. Tanto che l’inerzia m’induce a ballarla, proprio come quelle delizie dal vivo ascoltate fino a pochi minuti prima. Il simpatico vicino di tavolo si sente a proprio agio. Anche le donne del gruppo, che salgono sugli eleganti sgabelli bassi, all’uopo uniti, e iniziano a ballare. Anche le insospettabili. È il tripudio della piega fatta apposta, del tacco 12, degli spacchi mozzafiato, dei decolleté ovunque. Ed è l’inizio della parabola discendente, almeno per me. Lo spazio è saturo, e muoversi senza sgomitare (ma non in maniera ammiccante) è praticamente impossibile. File agli angoli bar, file interminabili ai bagni. File, ressa, folla. Eppure l’ingresso non era gratuito, anzi. Il disagio cresce e poco prima delle tre e mezza ci guardiamo con Peppe e decidiamo che è l’ora di andare. L’uscita è in un percorso obbligato e non ci sono alternative. Quando lo imbocchiamo capitiamo in un piccolo focolaio di tensione, per fortuna prontamente sedato. Scene da “tenitilu dui c atri n’o ponnu”, insomma. Per fortuna imbocchiamo l’uscita senza conseguenze. Preceduti da un gruppo di insospettabili. The party’s over. For us.

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